GERUSALEMME - Beatitudine Michel Sabbah

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L’arcivescovo Sabbah, Patriarca latino di Gerusalemme dal 1987, è il primo palestinese a ricoprire questo incarico ritenuto il più alto ruolo della gerarchia cattolica in Terra Santa. Egli conosce bene la fede e la difficoltà che vivono molti palestinesi e sa quanto siano fragili i poteri umani. Da sempre si è impegnato a favore dei Cristiani di ogni denominazione presenti in Terra Santa i quali, a loro volta, nutrono una grande stima nei suoi confronti. Sono molti i cristiani che, dovendo vivere tra le due grandi comunità degli ebrei israeliani e dei palestinesi musulmani, guardano all’arcivescovo Sabbah come punto di riferimento. Da molti anni è un infaticabile fautore dei diritti dei Palestinesi e della possibilità di convivenza delle due nazioni indipendenti impegnandosi per il ritorno dei rifugiati palestinesi. Più volte si è opposto alla realizzazione del muro che si sta costruendo e ha chiesto che si ponga fine alla occupazione israeliana della Cisgiordania.

Nella preghiera, nell’amicizia e nella gratitudine accompagnamo l’opera di questo infaticabile profeta della Pace e della Giustizia in quelle terre sante e lacerate.

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Dall’omelia pronunciata dal Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Sua Beatitudine monsignor Michel Sabbah, per la solenne Messa di Mezzanotte del Natale 2007 da lui presieduta nella Basilica di Santa Caterina a Betlemme.

“Meditiamo il mistero della nostra terra che non arriva purtroppo a vedere Dio e naturalmente non arriva a trovarvi la pace. Con il Natale, con la bontà di Dio posta da Lui in ogni creatura umana, occorre intanto credere che siamo capaci di essere artefici di pace. Per questo però occorre compiere un passo avanti, occorre cioè guardare l’altro con lo sguardo di Dio, così da poter accogliere la giustizia per se e per gli altri.

E’ necessario comprendere la vocazione universale di questa terra. Occorre vedere la volontà di Dio su questa terra, e così pure nelle Scritture e nell’evoluzione della storia di cui lo stesso Dio è Signore; Egli ci ha riuniti tutti qui nel corso dei secoli, ebrei, cristiani, musulmani e drusi, formanti oggi due popoli, il palestinese e l’israeliano.Comprendere e accettare la vocazione universale di questa terra, significa accogliere il piano di Dio per essa e significa divenire capaci di stabilire in essa la pace. Nessun esclusivismo che scarti l’altro o lo riduca in uno stato di occupazione o di una qualsiasi sottomissione può conciliarsi con la vocazione di questa terra. Terra di Dio, non può essere per gli uni terra di vita e per gli altri terra di morte, di esclusione, di occupazione o di prigioni politiche. Tutti coloro che Dio, il Signore della storia, ha qui riunito devono trovare in questa terra vita, dignità e sicurezza.

Ognuno sa come si fa la pace, Ognuno sa quel che è dovuto a ciascuno dei due popoli che abitano in questo paese. Non è certo il più debole che deve sottomettersi e continuare a essere spoliato, sono invece i più forti, coloro che hanno tutto nelle mani, che dovranno staccarsi e dare al più debole quel che gli è dovuto. Tutte le questioni difficili, con la ferma volontà di tutti di far la pace, possono allora trovare soluzione.

Con tutti i capi religiosi abbiamo intrapreso in questa terra un cammino che resta lungo e difficile; perché si tratta di liberarsi dal sistema politico, dalle sue visioni esclusiviste, dalle sue paure, e di diventare capaci di dire e di recare a tutti qualcosa di nuovo e di buono..

La storia umana è piena di guerre, ma è pure piena di Dio. E Dio è amore. Non è la tirannia di certi credenti, che si dicono credenti mentre non si conformano alla volontà di Dio bensì alla propria, siano musulmani, ebrei o cristiani. La violenza non può discendere da alcuna religione. L’estremismo, in tutte le religioni, è volontà di appropriarsi, di escludere e di sottomettere gli altri , non nutre fede in Dio ma in comportamenti umani e ostili agli altri. I capi religiosi hanno un ruolo educativo per i credenti, per confermarli sulle vie della giustizia, del diritto, della pazienza di Dio, del perdono con la rivendicazione dei diritti e della collaborazione con tutti gli uomini e donne di buona volontà..

Fratelli e sorelle, potete chiedervi quale sia il nostro ruolo di cristiani nell’ edificazione della pace e dell’avvenire di questo paese. Papa Benedetto XVI, nella sua ultima enciclica sulla Speranza, afferma che caratterizza i cristiani “il fatto che hanno una speranza e avere una speranza significa avere un avvenire”. Questo può applicarsi a noi cristiani della Terra Santa come dell’intero Medio Oriente. Tutto il mondo è preoccupato per la nostra presenza cristiana qui: Israele come l’Autorità Palestinese. Re Abdallah II di Giordania da anni richiama l’attenzione sulla gravità dell’esodo dei cristiani arabi. Numerose sono le voci musulmane che si levano un po’ dappertutto per attirare l’attenzione sul vuoto che sarebbe provocato dall’esodo dei cristiani nel mondo arabo musulmano. Da parte sua il mondo cristiano è preoccupato per la nostra sopravvivenza o per la nostra sparizione.

A voi, fratelli e sorelle, a voi tutti cristiani di questa terra tentati dall’idea di emigrare, oggetto della preoccupazione di tutti, dico subito ciò che Gesù ci dice: Non abbiate paura. Il cristiano non ha il diritto di avere paura né di svignarsela nelle difficoltà. Il che significa che occorre condividere le preoccupazioni di tutti, costruire la pace con tutti accettandone i sacrifici, la prigione, forse il rischio della vita, le difficoltà quotidiane per l’occupazione, il muro che separa, la mancanza di libertà negli spostamenti: tutto ciò è la sorte di tutti. E tutti insieme, con i nostri sacrifici e la nostra generosità, costruiamo la pace per tutti..

A coloro che sono tentati o spinti dalle difficoltà a lasciare il paese diciamo: qui avete un posto, anzi più che un posto avete una vocazione, di essere cristiani qui, nella terra di Gesù e non altrove nel mondo. Accettate dunque questa vocazione vostra , per quanto difficile sia. La nostra presenza qui è testimonianza della vocazione universale di questa terra, terra di Dio e terra per le tre religioni e i due popoli che la abitano, Ascoltate la voce della vostra vocazione e la voce di tutti coloro che vi reclamano qui presenti..

Perché non è soltanto in un conflitto che noi viviamo, ma anche nella storia di cui Dio è il maestro. Una storia che Dio fa e ci invita a realizzare con Lui. Ed è Lui il Signore di tutta la storia dell’umanità, dai suoi remoti inizi, dai tempi della storia sacra fino ad oggi. E’ Lui che era, che è e che sarà. Nessuna persona e nessun tempo possono evitarlo. E’ inevitabile perché “in Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28). Pieni di speranza, liberi da ogni paura, continuiamo dunque a percorrere la nostra strada.